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L’UNGHIA DEL LEONE — AMINTA PIERRI
di Michele Amaglio
10.01.2016





Spesso la fotografia ha il duro compito di sostituire il ricordo. L’immagine diventa evocativa di una memoria del passato, fino ad arrivare a sostituirsi ad essa. La fotografia in questo modo diventa un appiglio per ciò che non ricordiamo più, per ciò che abbiamo trascurato nella nostra mente. Il lavoro della fotografa Aminta Pierri non fa parte di questo tipo di fotografia, in quanto usa l’immagine come punto di partenza e di rielaborazione della vita di una persona a lei molto cara: il proprio nonno. L’Unghia del Leone (2014), edito dalla casa editrice indipendente Witty Kiwi con una piccolissima edizione di 150 copie, attraversa la vita di Michele Pierri, soldato volontario della Prima guerra mondiale, chirurgo, anarchico ed infine poeta. La vita di Michele Pierri viene rielaborata attraverso vecchie fotografie, poesie e la ricerca visiva dell’autrice stessa, cercando di reinterpretare le parole ed il pensiero del proprio nonno. Le vecchie immagini vengono rifotografate, mostrando i graffi ed i segni d’usura che il tempo ha messo loro addosso. Alcune sono tagliate, in altre i riflessi diventano parte integrante dell’effetto voluto. Il tutto alternato da poesie, interrogazioni sul corpo e dalle immagini di Aminta, riflessive e un po’ malinconiche.


“Io voglio un po’ guardare
questo corpo ch’io abbandono
per valutare la potenza del DISTACCO
in quanto è DISTACCO dal corpo

L’abbandono di questo mio corpo
è l’ANNIENTAMENTO
del succedersi indefinito di corpi in me
l’ABBANDONO di una forma
è Abbandono di tutte le forme
come di parte è di tutta”


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